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1.2b Obbiettivi, diaframma e messa a fuoco

Parte 2

Nel barilotto cilindrico dell'obbiettivo è alloggiato un altro fondamentale elemento; il diaframma.
Questo dispositivo determina la quantità di luce che passa al momento dello scatto. E' formato da alcune lamelle metalliche che scivolando su loro stesse determinano il diametro di un foro circolare più o meno ampio.

Diaframma e messa a fuoco

Il diaframma si apre e si chiude ad intervalli regolari che raddoppiano o dimezzano la quantità di luce che intendiamo far passare. Questi intervalli che prendono il nome di "stop" rispettano una scala numerica, scritta sulla ghiera dell'obbiettivo, espressa nella seguente progressione :
f 1 f 1,4 f 2 f 2,8 f 4 f 5,6 f 8 f 11 f 16 f 22 f 32 f 45 f 68
In questa sezione non è importante spiegare come è stata determinata questa scala, è sufficiente sapere che al valore numerico più basso corrisponde una apertura di diaframma più grande.
Per concludere un diaframma impostato al valore f 2,8 lascerà passare una quantità di luce maggiore che se impostato allo stop successivo (4) e più precisamente il doppio.
Oltre a determinare la quantità di luce, il diaframma gestisce un altro fondamentale parametro della fotografia: la profondità di campo.
La profondità di campo rappresenta la porzione di spazio che risulta nitida in una foto.
Questa distanza può essere più o meno estesa e questo dipende da vari fattori:
Il valore del diaframma, la distanza che intercorre tra la macchina e il soggetto e la lunghezza focale usata.
Una regola fondamentale da conoscere è quella per cui la profondità di campo si estende per un terzo davanti al soggetto messo a fuoco (verso noi che lo fotografiamo) e per due terzi dietro di lui. Questo vale con qualsiasi valore di diaframma impostato, a qualsiasi distanza dal soggetto e con qualsiasi ottica.
Come abbiamo detto l'impostazione del diaframma determina la misura della profondità di campo, più è chiuso il diaframma e più questa distanza aumenta (sempre mantenendosi un terzo avanti e due terzi dietro al soggetto). Per quanto riguarda le ottiche si ottiene maggior profondità di campo con le focali corte e meno con i teleobbiettivi.

In ultimo, più il soggetto è lontano dal punto di ripresa e più sarà estesa la profondità di campo.
Concludendo possiamo affermare che fotografando un soggetto lontano da noi con un ottica "corta" (es. 35 mm) ed impostando un diaframma abbastanza chiuso (11, 16 etc.) avremmo una zona nitida nella foto molto estesa.
Fino ad ora abbiamo solo accennato alla messa a fuoco, questa regolazione è forse il primo degli elementi di controllo relativi alle funzioni svolte dalla fotocamera. Ruotando la ghiera presente sull'obbiettivo, le lenti si allontanano e avvicinano dal piano della pellicola entro i limiti della filettatura interna: questo consente la messa a fuoco di un soggetto che si trova a distanze diverse.
Oggi la maggior parte delle fotocamere in commercio ha un sistema automatico di messa a fuoco (autofocus) ma nei modelli più professionali è ancora possibile mettere a fuoco manualmente.

Come abbiamo detto in apertura di questa guida, le fotocamere che trattiamo, le reflex monoculari, hanno il grande vantaggio di far apprezzare al fotografo la reale inquadratura che l'obbiettivo effettua. Questo grazie alla presenza di uno specchio presente nel corpo macchina, inclinato a 45° rispetto all'asse dell'ottica, che ha una doppia funzione: riflettere l'immagine nel mirino per consentire al fotografo inquadratura e messa a fuoco e, allo stesso tempo, deviare i raggi luminosi affinché non colpiscano la pellicola prima dello scatto.

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