Cimiteri dimenticati
Nei miei cimiteri di campagna, desolati e selvaggi, sono capitato per caso, durante una giornata lungo le strade sterrate della provincia: un cimitero abbandonato, appena visibile attraverso l’erba alta, da cui emergevano lapidi consumate ed illeggibili.
E’ stata la rivelazione di una dimensione che avevo fino ad allora volutamente ignorato e che mi ha immediatamente colpito: in quegli spazi sono racchiusi i fantasmi che non si manifestano all’esterno, gli stessi fantasmi che impressionano della propria presenza un luogo, come in una lastra fotografica. Nei miei scatti infatti cerco di trasmettere la densità e l’intensità delle sensazioni che si avvertono in un cimitero abbandonato: niente odora di vuoto quanto in un cimitero dimenticato eppure niente è così pieno di frammenti e memoria.
Ho cercato di trasmettere a questi miei scatti la capacità di instillare una sfuocata inquietudine, imponendo agli occhi un percorso che muova dalle profondità dell’anima, scavando nel fango del ricordo e della memoria dimenticata. Mi piace immaginare una di queste mie immagini riprodotta in una copertina di una raccolta di poesie.
Il cimitero è per eccellenza il territorio della memoria: un cimitero dimenticato non implica tuttavia che tale memoria sia deteriorata al pari delle croci che, ostinate, sopravvivono all’abbandono.
Le lapidi nude a cospetto del tempo che le consuma e le ombre proiettate sull’erba conservano una propria suggestione di memoria e rendono testimonianza a queste presenze; i resti scheggiati dei lumini appesi a catenelle arrugginite sono il tributo al tempo, le croci annerite e deformi sono gli elementi cui a modo mio cerco di dare voce, nelle luci e nelle ombre di monocromi crudi e scevri di orpelli.
L’erba alta non nasconde solo lettere ed immagini appena leggibili, ma cela e conserva la memoria di un territorio “oltre”, territorio di ricordi vivi forse nella memoria di qualche anziano.
Foto di Phersu
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